L’IDEA
Una donna, di circa quarant’anni, sola, sostituisce i genitori morti
con l’adozione di un anziano povero, che tiene in casa come un prigioniero,
non gli fa mancare nulla ma lo costringe a passare tutto il suo tempo
su una carrozzella da invalido anche se lui è sano e lucido, all’inizio
lo detesta ma ha bisogno della sua presenza, lo imbavaglia per non sentirlo
parlare ma poi cerca in lui il conforto improbabile di un fidanzato o
di un padre.
Lui è una persona che vive in un mondo a parte, interiore e astratto,
abituato alla solitudine e alla miseria ha una visione caustica della
realtà, parla con l’ironia e il distacco di chi ha conosciuto
gli aspetti peggiori della vita, ma non è meno egoista di lei.
Patisce le sue angherie e le sue manie ma i suoi servizi, la sua ospitalità
e la sua protezione gli fanno comodo. Dentro di sé ha una ricchezza
che non esprime perché ha perso la fiducia che qualcuno sia interessato
ad ascoltarlo, la sua ossessione per i bisogni primari è una conseguenza
della sua vita di privazioni ma è anche uno scudo della sua sensibilità.
Lei si fa chiamare Jessica e la solitudine la spinge a vivere per interposta
persona, è immersa in una gabbia telecomunicativa che le dà
l’illusione di vivere una socialità che è una realtà
virtuale. Per mantenersi fa la telefonista casalinga di una linea erotica,
tutti i suoi clienti sono per lei come fantasmi di un fidanzato del passato
o della sua immaginazione. Interviene telefonicamente nelle trasmissioni
televisive che ricercano le persone scomparse, inventandosi false testimonianze,
vorrebbe sentirsi utile, essere al centro degli eventi altrui perché
non ci sono eventi nella sua vita. S’identifica con le donne che
scompaiono improvvisamente senza lasciare traccia, immaginando che la
loro scomparsa sia un radicale cambiamento di vita. Scrive lettere con
la posta elettronica ad un amica mai incontrata, forse inesistente, è
attratta morbosamente e nello stesso tempo terrorizzata da un serial-killer
di donne sole, al punto tale di cercare aiuto nella polizia. Nel secondo
atto un giovanissimo ed inquietante agente delle assicurazioni si presenta
a casa della donna, potrebbe essere lui il serial-killer?
In una parola, Jessica è una mitomane. Niente nella sua vita è
autentico, neanche i sentimenti o i desideri, tutto è trasposto
in modelli nei quali cerca disperatamente di identificarsi, senza riuscirci.
Ad ogni fallimento cerca un dialogo con il suo anziano ospite, ma è
uno scambio difficile, paradossale, perché nessuno dice o vuole
dire la verità. Lui è un essere “fuori gioco”,
anziano ma sano, solo ma autosufficiente, povero ed emarginato ma con
un’intelligenza acuta, apparentemente non cerca altro che la soddisfazione
dei suoi bisogni primari, in un certo senso è l’opposto di
lei, se lei cerca continuamente di travestirsi di nuove identità
lui rinuncia in partenza a qualsiasi identità, è pura presenza.
Dalle smagliature di queste identità mancate e delle loro menzogne
emergono frammenti di autenticità che poco alla volta, maldestramente,
ricostruiscono un arazzo affettivo e riaprono le porte di una comunicazione
reale. Dalla relazione paradossale, crudele ma vitale dei due nasce quindi
un sentimento “nuovo”, che non ha più modelli precostituiti
di riferimento, che sorge dalle ceneri dei modelli e dei ruoli preconfezionati
della nostra socialità virtuale, barbaramente “ipermoderna”
e “ipertecnologica”.
Andrea
Balzola

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