TESTI
TEATRALI INEDITI (schede) 1989-1999: |
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CON
TATTO, 1992 |
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DEMOCRAZIA
(Lia e Rachele), 1995 |
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Programma
Album Fotografico
Conversazione
con Marisa Fabbri
Copione
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IL
DOLORE (da Marguerite Duras), 1997 |
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Copione e
programma
Antologia
Critica
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STORIE
MANDALICHE, 1998-2003 |
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PROGETTI
TEATRALI 1990-2003 |
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Le voci del vulcano 1999
Borders
2000
Visione cieca 2003
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ARTICOLO
HYSTRIO: drammaturgia multimediale 2003 |
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I VIAGGI DI GULLIVER |
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DALLA RIVISTA ON
LINE www.ateatro.it (n.72), agosto 2004
I VIAGGI DI GULLIVER
Un progetto teatrale
e terapeutico
Il
15 giugno è andato in scena al Teatro Cometa Off di Roma, con successo
di pubblico e di critica (M.D’Amico, G.Capitta), lo spettacolo
I viaggi di Gulliver liberamente
tratto dal romanzo di Jonathan Swift, con regia
di Alessandra Panelli e adattamento drammaturgico di Andrea Balzola,
in scena un gruppo misto (A.Alessi, L.Angelilli, P.Bellardini, V.Bonanni,
C.Brazzi, F.Carlevaro, C.Castracane, S.Diaz, L.Di Iorio, O.Graziano,
W.Zennaro) di giovani attori professionisti e attori non professionisti
che hanno frequentato tre anni di laboratori presso il Centro Igiene
Mentale Asl del quartiere Laurentino di Roma, gestiti dalla Compagnia
Teatrale integrata “Diverse Abilità”. Scenografie realizzate da Antonio
Grieco, progettazione del suono di Hubert Westkemper e disegno luci di
Roberto De Rubis. Lo spettacolo è dedicato a Igor Cossetto,
prematuramente scomparso, autore dei video dello spettacolo (insieme a
Lorenzo Baruffi) e collaboratore del progetto artistico. I tre temi
chiave del progetto drammaturgico e registico sono l’incontro con il
diverso (i lillipuziani, i giganti, i “folli” inventori), il
viaggio come distacco dalle convenzioni e dall’automatismo delle
abitudini, e la trasformazione culturale e spirituale che
l’esperienza di spaesamento e di ricerca dell’ignoto induce. Rispetto
all’opera di Swift, più che la satira contro l’arrogante civiltà
occidentale, sono i temi della relatività (grande/piccolo;
vicino/lontano) e del diverso che si manifesta come molteplicità e come
specchio della nostra identità, che interessano gli autori e fanno da
timone per il viaggio dello spettacolo, attraverso una scelta
inevitabilmente radicale di brevi frammenti degli episodi e dei
personaggi della ricchissima, complessa e straordinariamente attuale
narrazione swiftiana (troppo spesso ingiustamente relegata nella
letteratura infantile). La scelta registica di Alessandra Panelli è
stata di creare un serrato ritmo narrativo, spogliando e semplificando
il più possibile l’azione, che diventa protagonista e si integra con i
rumori e le voci sempre off del protagonista e degli altri personaggi,
con un uso efficace e originale delle marionette (lillipuziane e
giganti) e di sequenze video che rimandano al quartiere Laurentino
(visto con occhi gulliveriani), a frammenti dei laboratori e all’idea
del viaggio come esperienza che unisce reale ed immaginario.
Per entrare nelle motivazioni e nel processo
creativo di questo lavoro, atipico nel nostro panorama teatrale e frutto
di un generoso impegno pluriennale nelle strutture pubbliche di Igiene
Mentale, pubblichiamo due interventi, il primo della regista Alessandra
Panelli, che racconta sia la genesi dei laboratori e del progetto sia le
scelte registiche, e una breve nota di Andrea Balzola sulle differenti
fasi e scelte dell’adattamento drammaturgico del romanzo di Swift.
La redazione di Ateatro
COORDINATE DI VIAGGIO
Di Alessandra Panelli
Come nasce la
collaborazione con il Cim
Il Cim (Centro Igiene mentale) intendeva
offrire ai suoi ospiti un’alternativa alle solite attività proposte
(calcetto, ceramica, ecc.), a seguito di un progetto europeo “Horizon”
di tre anni. Nell’ultimo anno, che prevedeva la loro partecipazione e
una serie di lezioni tenute da me con alcuni loro utenti, il Cim aveva
riscontrato come questo tipo di attività incuriosisse molto i suoi
pazienti e fosse ricca di opportunità anche terapeutiche. Si decise
perciò di dare seguito all’iniziativa proseguendo il lavoro nella loro
sede. ”Diverse Abilità” (nel frattempo divenuta Compagnia teatrale
integrata – cooperativa e associazione culturale) scelse il laboratorio
di “Danza/Movimento Terapia” condotto da Anna Di Quirico e il mio di
“Formazione dell’attore” come i più adatti, date le ristrettezze
logistiche ed economiche del Cim, e si pensò di dare al progetto la
cadenza di due incontri settimanali, di due ore l’uno, per tre anni.
Laboratorio
teatrale e lavoro terapeutico. Il passaggio dai laboratori allo
spettacolo
“Diverse Abilità” fin dall’inizio della sua
attività si è posta come obbiettivi quelli di lavorare, attraverso lo
strumento laboratoriale, sulla relazione tra le persone,
l’individuazione di potenzialità espressive nascoste o bloccate, e sulla
crescita psicofisica dei suoi attori. Questi obbiettivi, per altro
necessari da raggiungere anche per attori in formazione cosiddetti
“normali”, costituiscono anche un obbiettivo terapeutico. Insegno
recitazione al Centro Sperimentale di Cinematografia, applicando gli
stessi esercizi. Il nostro modo di procedere prevede inoltre il
collegamento con il personale medico e il procedere del lavoro è in
continuo ascolto delle piccole e grandi difficoltà di ognuno. La parte
artistica e quella terapeutica attivano a loro volta una sorta di
integrazione. A mio avviso, perché il processo di integrazione possa
considerarsi tale a tutti gli effetti, quando un gruppo è maturo sia
psicologicamente che artisticamente, è necessario un momento di
verifica: un incontro con il mondo esterno, con il mondo “reale” del
lavoro che permette di lasciare il contesto protetto del laboratorio
interno a favore di una visibilità più aperta e ampia. Questa è
l’occasione per confermare la forza sintonica del gruppo, dei vari
operatori, e monitorare contemporaneamente la coscienza del pubblico. E’
l’occasione per vedere come la parte teorica di un lavoro e di una
relazione fra persone diviene pratica.
La scelta del romanzo di
Swift
Il romanzo di Swift a un certo punto del
percorso laboratoriale si è rivelato molto utile per il rafforzamento
del nostro lavoro. I temi del viaggio intesi come impulso alla
scoperta-presa di coscienza e come relatività dei punti di vista, sono
serviti da canovaccio.
IL VIAGGIO. Il viaggio è di per se un
percorso esperienziale, prevede un prima e un dopo che lascia aperta la
strada del cambiamento. Il viaggio più importante che noi facciamo è
quello della nostra vita, ma durante il cammino, consapevoli o
inconsapevoli, ne intraprendiamo molti altri. Ogni volta che scegliamo
di seguire una strada, che sia essa affettiva o professionale, ci
mettiamo di nuovo in viaggio. Sappiamo da dove partiamo ma non sappiamo
quando, come e se arriveremo alla meta. Alle volte il viaggio ci
spiazza, ci sorprende per bellezza o dolore. Esistono viaggi di piacere,
d’avventura, ai limiti del possibile così come le fughe da realtà troppo
strette e viaggi che non sceglieremmo mai, come la malattia.
IL LIBRO. Ricco di ironia sul potere e i
politici dell’epoca. Gulliver non riesce a sostenere una vita familiare
tradizionale e coglie ogni occasione per rimettersi in viaggio. Il mare
diventa il suo elemento mediatore. La sua ironia ed intelligenza gli
fanno da filtro e lo rendono emotivamente immune da sconvolgimenti
interiori anche durante gli incontri più inusuali. Ogni approdo su nuova
isola è preceduto da una tempesta come se, metaforicamente, per poter
scoprire qualcosa di nuovo fosse costretto ad abbandonare le sue salde
certezze e porsi nudo difronte all’ignoto. Ogni viaggio è un incontro e
un confronto con la diversità fisica e culturale di popoli nuovi.
Durante ogni viaggio, Gulliver è costretto a mettere in discussione le
regole della sua società, la morale e i pregiudizi ai fini della sua
stessa sopravvivenza, educandolo alla tolleranza ed al rispetto.
Gulliver è lo spettatore stesso che intraprende un viaggio difficile e
a tratti sgradevole o affascinante fra corpi e voci espressivi e
dissonanti, suadenti e respingenti.
Modalità e difficoltà nel rapporto tra
progetto teatrale e psicoterapia.
Le difficoltà in questo lavoro sono molte
così come le ricchezze. I Cim non sono teatri e i medici non sono
teatranti, così gli insegnanti di arti varie e i registi non sono
psicoterapeuti. Esistono luoghi in cui le due realtà si fondono dando
vita alla Teatro-Terapia, ma non è il nostro caso. La convivevnza dei
reciproci mestieri è una grande ricchezza, l’ascolto reciproco delle
esigenze, la fiducia di base, la collaborazione, sono fondamentali e se
tutto ciò avviene il lavoro di ognuno può arricchirsi immensamente.
Importante è ricordare sempre che i nostri attori prima che “pazienti”
sono persone, e nonostante siano seguiti, guidati e “curati”, non
appartengono a nessuno se non a loro stessi. Sono persone che hanno
vissuto o stanno vivendo un momento difficile che esige rispetto. Questo
vale per il teatrante che in nome della sua arte, specie nella fase
imminente lo spettacolo, può rischiare di concentrarsi troppo su di sé,
ma anche per lo staff medico che, specie nell’andata in scena, può
faticare a vedere il suo pupillo come un professionista a tutti gli
effetti. Partendo da questo presupposto e modificando eventualmente il
piano di lavoro, in base alle esigenze del gruppo, è possibile vedere il
raggiungimento di una meta condivisa. Il linguaggio espressivo, la
chiave di racconto è così in continuo mutamento e lo stato d’animo
migliore è quello di considerare la difficoltà riscontrata in corso
d’opera non come un muro insormontabile ma come una prerogativa
caratterizzante. Spesso si parte da un’idea drammaturgica più
articolata, ricca di dettagli e colpi di scena, che però risulta
difficile per alcuni e si scopre che la semplicità richiesta perché
possa essere compresa da tutti è la chiave più interessante, quella che
permette la sintesi, la visione profonda delle cose.
Note di regia
Lavorare con persone che non hanno come
scopo quello di diventare attori è davvero molto stimolante, perché sono
in partenza già aboliti molti luoghi comuni. Il desiderio di riuscita di
un’operazione ha perciò meno il sapore di un bisogno narcisistico e
individuale di successo. Il gruppo di Gulliver aveva il problema
opposto, temeva il pubblico, il confronto, il giudizio. Alcuni,
provenienti da passate esperienze evidentemente mal gestite, avevano
paura a parlare in pubblico, paura di scordare la parte, paura di non
capire e di sbagliare. Siamo quindi partiti dal presupposto che ogni
gesto o azione dovessero essere condivisi e compresi da tutti.
Personalmente avevo un’idea dello spettacolo finale legata anche a
concetti difficili quali: l’equilibrio e il bilanciamento come metafora
delle relazioni umane, che possono nel loro eventuale sbilanciamento
equivalere ad un naufragio, l’incontro con il diverso che ci sorprende e
ci costringe a relativizzare il nostro usuale punto di vista, il gigante
che ci sovrasta che non è necessariamente quello delle fiabe ma alle
volte è parte del mondo in cui viviamo o delle cose che ci succedono,
come il nostro quartiere opprimente o il malessere che affrontiamo. Ogni
esercizio durante il laboratorio e ogni scena poi montata per lo
spettacolo sono state discusse con il gruppo, alle volte ho dovuto
“pretendere” fiducia quando la strada sembrava tortuosa, ma ho sempre
cercato un percorso per arrivare insieme alle cose. Trovo questa strada
la più interessante da percorrere. Ho sentito il bisogno di usare il
suono, il video, le luci e la scena attuando anche con questi elementi
narrativi un gioco d’integrazione. I suoni e le immagini, più che
raccontare qualcosa e vivere di vita propria, volevano essere un
sottofondo all’azione scenica, una sorta di suggerimento - agendo quasi
a livello subliminale - in grado di indirizzare il pubblico verso una
percezione più istintiva della messinscena. Era una grande scommessa, in
quanto l’insieme poteva rischiare di risultare scollegato o dissonante.
Credo che alla fine anche questi elementi apparentemente più legati al
mondo tecnologico, debitamente “sporcati” e resi imperfetti, come la
parte più interessante di noi, nelle mani di collaboratori sensibili
abbiano contribuito all’amalgama del tutto.
DIARIO GULLIVERIANO DI BORDO
Note sull’adattamento drammaturgico del
romanzo di Swift
Di Andrea Balzola
La mia avventura gulliveriana è cominciata
alla fine del 2002, quando Alessandra Panelli, Anna Di Quirico e Ivana
Conte, anime della Compagnia Diverse Abilità mi hanno parlato dei
laboratori teatrali creati e gestiti nell’ambito di un Centro d’igiene
mentale della Asl di Roma (al Laurentino) e di una prova non aperta al
pubblico realizzata nel 2002 ispirata a un frammento dei Viaggi di
Gulliver e senza testo. La loro idea era di trasformare, al termine del
primo ciclo triennale di laboratori, con il consenso e la collaborazione
terapeutica degli operatori psichiatrici del Cim, questo primo
rudimentale abbozzo teatrale in uno spettacolo vero e proprio, da
presentare al pubblico. Per questo mi richiedevano di proporre una
chiave di lettura drammaturgica del testo e di elaborarne una versione
estremamente ridotta e semplificata da mettere alla prova durante i
laboratori e poi da finalizzare allo spettacolo. Per prima cosa mi hanno
fatto conoscere la realtà di quei laboratori, attraverso la visione di
alcuni filmati e soprattutto mediante la partecipazione diretta – come
spettatore - ai due laboratori gestiti da Alessandra Panelli
(“Formazione dell’attore”) e Anna Di Quirico (“Danza e Movimento
Terapia”). Parallelamente, in una serie di incontri di lavoro, si sono
identificate le delicate condizioni di lavoro (il disagio e le
problematiche psichiche dei partecipanti, l’impatto emotivo con un
eventuale pubblico esterno, le indicazioni degli psicoterapeuti, la
scarsità di tempo e di mezzi di sostegno, la povertà del budget, ecc.)
Il mio primo approccio è stato quello di
ricavare dal testo di Gulliver una serie di frasi e di parole chiave
(soprattutto legate al tema del viaggio come bisogno ed esperienza di
cambiamento, come occasione di incontro/scontro con il diverso e
l’ignoto e quindi come occasione di ridefinizione della propria
identità) da sottopporre alla riflessione del gruppo all’interno dei
laboratori. Volevamo scoprire cosa evocavano in ognuno quelle parole o
quelle frasi, Alessandra e Anna poi stimolavano gli elementi del gruppo
a somatizzare, mediante movimenti, gesti, vocalizzazioni, quelle
suggestioni. Il senso di tutto questo era di fare in modo che il viaggio
di Gulliver non fosse qualcosa di esteriore che si sovrapponeva
all’esperienza soggettiva, ma che fosse usato come metafora per
interpretare, comunicare, liberare i propri percorsi emotivi ed
esistenziali. Partendo da questa dinamica psico-fisica di
interiorizzazione e dall’abbozzo di un episodio gulliveriano (quello del
disequilibrio e del naufragio) già sperimentato l’anno precedente, si
sono gradualmente introdotti nuovi episodi. Il mio metodo di riscrittura
è stato quello di trovare primariamente un’idea scenica come sintesi
metaforica e metamorfica del testo (come ad esempio la trasformazione
iniziale del lenzuolo sul letto di Gulliver nella vela della sua
zattera).
All’inizio il mio progetto drammaturgico
comprendeva quattro parti (corrrispondenti alle quattro parti del libro:
il paese dei lillipuziani, il paese dei giganti, l’isola sospesa e
l’accademia dei folli inventori, il paese dei cavalli sapiens), un
prologo e un epilogo. Collocando la vicenda in una dimensione
atemporale, ed evitando sia i riferimenti storici del romanzo sia
eventuali riferimenti alla nostra attualità. La forza corrosiva della
satira swiftiana non è infatti tanto diretta a una categoria di uomini e
di politici (anche se nell’Inghilterra dell’epoca l’avevano considerata
tale perseguitando lo scrittore), ma alle ipocrisie e alle meschinità
dell’essere umano, capace di produrre immani tragedie come i genocidi,
le guerre civili, le persecuzioni e gli stermini razziali. Era questa
universalità della satira swiftiana, sempre attuale, che ci interessava
cogliere. Così, ad esempio, il tema dell’intolleranza verso il diverso o
il vicino che conduceva alla guerra faceva parte della prima versione
teatrale dell’episodio dei lillipuziani, oppure il tema
dell’incomunicabilità delle lingue che diventava l’occasione di una
discriminazione dello straniero. Poi la scelta di eliminare tutto il
dialogo in scena e limitare il testo alle registrazioni, conseguente ai
problemi emotivi degli attori , spaventati di dover ricordare le battute
e di doverle ripetere in pubblico, ci ha indotto a una drastica
riduzione dei dialoghi. Anche la complessità della struttura in quattro
parti è stata ridimensionata sia riducendo le scene in ogni parte sia
abolendo la quarta parte dell’incontro di Gulliver con i cavalli
sapiens. Il testo è quindi diventato soprattutto diario di Gulliver,
letto sia dalla voce del personaggio sia da altre voci, a testimonianza
che ciascuno degli attori era una parte di Gulliver. La parola si fa
contrappunto dell’azione, vera protagonista dello spettacolo,
interagendo con una texture sonora sapientemente elaborata da Hubert
Westkemper. Il lavoro registico di Alessandra ha trovato
nell’integrazione tra i diversi linguaggi, nella semplicità e nel ritmo
le chiavi risolutive per fare emergere con nitidezza il complesso
percorso laboratoriale e drammaturgico che era stato intrapreso,
valorizzando l’intesa e la coesione espressiva del gruppo. Un elemento
caratterizzante di questa esperienza – e la sua sfida - è stato proprio
quello di trasformare i molteplici limiti oggettivi e soggettivi in una
risorsa creativa, in uno stimolo a lavorare non per rinuncia ma per
sottrazione consapevole, cercando l’essenza della relazione tra
soggetti-attori e nucleo simbolico del testo. Una sfida, credo, vinta,
grazie a un impegno umano prima ancora che “teatrale”. Come diceva Jung
: “Gli atti semplici rendono l’uomo semplice. E quanto è difficile
essere semplici.”
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PROGETTO FATTORIA DEGLI ANORMALI |
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XLAB PRESENTA
LA
F@TTORIA DEGLI ANORMALI
www.FattoriaOrwell.org
www.xlab.it
IDEA
DRAMMATURGICA di:
Andrea
Balzola
PROGETTO
MULTIMEDIALE di:
Andrea
Balzola, Mauro Lupone, Anna Maria Monteverdi.
Il progetto
multimediale:
La fattoria degli anormali nasce nel 2004 da un’idea
drammaturgica di Andrea Balzola ed è stato elaborato, a partire dal
settembre 2004, da Anna Maria Monteverdi, Andrea Balzola, Mauro
Lupone (già membri dell'Associazione Zonegemma di Lucca, e creatori con
Giacomo Verde di Storie mandaliche, uno dei primi esempi italiani
di teatro multimediale).
Di cosa si
tratta:
Il progetto parte da un testo originale del drammaturgo Andrea Balzola
ispirato alle sperimentazioni biotecnologiche (applicate in particolare
al mondo animale); da questo testo il gruppo, con la
collaborazione specifica di vari professionisti, associazioni, corsi
universitari, intende realizzare vari formati artistici
specificatamente multimediali: video con animazioni digitali e comic
book, sito web, spettacolo multimediale. Il progetto è stato pensato
per diversi “luoghi” e “contesti” artistici (Festival video e teatrali;
mostre mercato del fumetto) per rivendicare un'idea di multimedialità
non limitata alla ricerca artistica ma estesa anche alla produzione più
popolare (video, comic art).
La trama:
Ispirato molto liberamente al noto romanzo di Orwell, La fattoria
degli anormali ha come oggetto un'ironica e anomala esasperazione
dei risultati della scienza biogenetica: si concentra sulle
sperimentazioni biotecnologiche in un mondo che (pro)crea liberamente
mutazioni ambientali e antropologiche, manipolazioni genetiche di
animali e ogni genere di incroci, ibridi, clonazioni con il relativo
contorno di sfruttamenti economici, di brevetti, tutti argomenti di
grande attualità che pongono seri interrogativi di natura politica ed
etica. Il testo è un apologo satirico sulla tirannia di una
multinazionale di prodotti biogenetici che tiene prigionieri in una
fattoria ipertecnologica animali di diverse specie sottoposti a ogni
genere di sperimentazione, soprattutto riproduttiva (alcuni realmente
prodotti dalla sperimentazione biogenetica, altri immaginari come un
bestiario fantagenetico): si creano artificialmente animali o clonati
(pecore che hanno irrimediabili crisi di identità e tentano il
suicidio), animali transgenici (un maiale con un cuore umano che
si innamora soltanto delle femmine umane), specie ibride (il
gattotopo, che ha problemi di schizofrenia), con caratteri più
aggressivi (tipo il pit-bush, un cane bonaccione che ha però
scatti incontrollati di ferocia). La multinazionale, che possiede anche
un proprio network televisivo e un portale web, fa televendita dei suoi
prodotti, affidandola a uno strano essere umano, un mutante (un uomo con
parti animali), anche lui transgenico.
Gli animali/anormali sono messi in vendita per esperimenti (tipo
vivisezione), a scopo alimentare (per essere mangiati), a scopo
decorativo-moda (per avere animali domestici sempre nuovi e originali,
allultima moda), per vari servizi (animali spia, animali kamikaze).
Questi animali, che vivono ogni tipo di vessazioni fisiche ed emotive,
di angosce psico-esistenziali, si organizzano in una specie di Cobas
degli animali anormali e attivano una rivolta contro la multinazionale,
si impossessano della fattoria tecnologica, del network TV, del portale
web, facendo prigioniero anche il televenditore mutante, una giormalista
e alcuni scienziati. Poi prevalgono gli animali più aggressivi, i maiali
transgenici, con cuore, fegato, reni umani, e impongono la loro
dittatura: cercano di assomigliare agli uomini, fanno catturare animali
normali e in via d’estinzione, per sterminarli, sfruttarli crudelmente o
venderli a caro prezzo.
Il progetto è
stato presentato il 2 ottobre 2004 in forma di studio teatrale
con il performer Andrea Cosentino al TEATRO VALLE di Roma quale
finalista tra 140 progetti presentati per il prestigioso Premio Dante
Cappelletti, indetto da Tuttoteatro.com in collaborazione con l'Ente
Teatrale Italiano, Assessorato allo Spettacolo di Roma. In giuria:
Gianfranco Capitta, Gianni Manzella, Maria Teresa Surianello, Massimo
Marino, Roberto Canziani, Renato Nicolini, Aggeo Savioli, Laura
Novelli. Presidente della giuria: Walter Veltroni.
Sulla
presentazione al Teatro Valle vedi:www.tuttoteatro.com
e l'articolo su exibart
www.exibart.com/Exi_1-4-15.asp?IDCategoria=215:
Nel settembre
2005
Livorno, Nuovo Teatro delle commedie. Il progetto è stato oggetto di un
workshop di un giorno all'interno dei seminari DAMS a cura della
prof.ssa Concetta D'Angeli e in collaborazione con il CMT di Pisa.
Nell’estate
2006 il progetto è stato oggetto di un laboratorio e di una
residenza presso il Teatro Rossini di Pontasserchio, e presentato
nell’ambito del Festival Metamorfosi a cura della Città del Teatro di
Cascina (Pisa)
Fasi di
realizzazione: il progetto, tuttora in progress, ha avuto diverse
fasi e differenti collaborazioni con artisti, gruppi e professionisti
nei diversi settori (computer graphics, comic art, web design, video),
con alcuni studenti del Corso multimediale dell’Accademia di Belle
Arti di Brera (Prof.A.Balzola), e del Corso di Scenografia
cinematografica e televisiva dell’Accademia di Belle Arti di Torino
(prof.ssa E.Ajani) .
DOPO LO
STUDIO TECNO-TEATRALE SONO STATI REALIZZATI:
-
Albo a fumetti a
colori
(48 tavole) edito da Cut Up (www.cut-up.net)
specializzata in comics, con il patrocinio e la collaborazione di
vari enti (Assessorato Ambiente La Spezia) e associazioni (LAV, Lega
Ambiente). La sceneggiatura è di Andrea Balzola in
collaborazione con Riccardo Pesce, il disegnatore è
Onofrio Catacchio. L'albo è stato presentato nelle più
importanti fiere del fumetto, tra cui COMICON di Napoli ed è stato
finalista al premio LUCCA COMICS 2006.
-
Sito web
www.fattoriaorwell.org
realizzato in collaborazione con l'associazione Cut up. Progetto
grafico di Elisa Belloni dai disegni di Onofrio Catacchio. Questo
sito, oltre a documentare lo sviluppo del progetto in tutti i suoi
aspetti, offre la possibilità di inserire e essere informati su
notizie e su informazioni relative all'ingegneria biogenetica, alle
potenzialità e rischi delle biotecnologie, alle attività artistiche
legate a questo tema. Questa sezione curata da Anna Maria
Monteverdi, fornirà testi, recensioni, interviste e segnalerà
eventi e convegni.
Produzione
XLab Digital Factory
-
Video digitale con
animazioni 3D
(25’), sceneggiatura originale e regia video
di Andrea Balzola, regia sonora di Mauro Lupone,
protagonista Emanuela Villagrossi, con la partecipazione di
Paolo Giommarelli, Chiara Pistoia e Andrea Ormezzoli.
Organizzazione Anna Maria Monteverdi. Gli animali-anormali
sono animazioni in computer graphics 3D da disegni di Onofrio
Catacchio, realizzate da un team coordinato da Luca Orlandi,
con Daniele Condello, Antonio Palma e Denise Lupi.
Riprese video e progettazione di elementi scenografici 3D a cura di
Andrea Brogi postproduzione collaborazione video di
Pierpaolo Magnani. Con elaborazioni videoartistiche a cura di
Andrea Croci e Greta Sorana (tra i materiali utilizzati,
filmati concessi dalla LAV). Storyboard e progettazione di ambienti
e oggetti scenici per il 3D di Francesco Boerio e di un
gruppo di studenti del corso di Scenografia cinematografica e
televisiva, della Prof.ssa Elisabetta Ajani, Accademia di
Belle Arti di Torino. Elaborazione delle immagini video con
software grafici di Daniele Condello e Antonio Palma.
Collaborazione al progetto e realizzazione di un DVD su di esso a
cura di un gruppo di studenti del Biennio
specialistico multimediale del Politecnico di Torino.
Produzione
XLab VideoFactory, Città del Teatro.
DA
REALIZZARE
4.
Spettacolo tecnoteatrale La fattoria degli anormali. Un
performer in scena dialoga con vari personaggi animati (con una nuova
tecnica di proiezione in scena, senza schermi) tra i quali alcuni di
quelli realizzati dagli utenti del web; chatta e fa compravendita di
animali anormali in diretta web, diventa mutante grazie alla tecnica del
motion capture e delle modificazioni di morphing audio in tempo reale.
PER CONTATTI
Anna Maria
Monteverdi
Tel.
328-5416581
a.monteverdi@arte.unipi.it
|
arteatro_compagnie di ricerca
Zonegemma - La Fattoria degli anormali
Roma, Premio Tuttoteatro.com
I vecchi animali si estinguono? Pazienza li
sostituiremo con dei nuovi. Punto di partenza un classico, la
fattoria degli animali di Orwell. E poi l’iterazione video, un
sito web ed un performer eccellente come Andrea Cosentino... |
giovedì 25 novembre 2004
Lo spettacolo, testo e regia di Andrea Balzola, è un
apologo satirico sulla tirannia di una multinazionale di
prodotti biogenetici che tiene prigionieri, in una fattoria
ipertecnologica, animali transgenici frutto di folli e
esilaranti incroci. La multinazionale, che possiede un proprio
network televisivo e un portale web, fa televendita dei prodotti
affidandola a uno strano essere umano; gli animali, stanchi di
vessazioni fisiche ed emotive, in preda ad angosce
psico-esistenziali, si organizzano in un Cobas e capitanati dal
maiale Orwell, organizzano una rivolta.
Lo spettacolo prevedeva nelle sua versione-studio una scena
composta da video (Doppler) fintamente “didattici” sull'uso (ma
più sull'abuso) delle virtù degli animali, mentre il bravissimo
“mutante” Andrea Cosentino (metà uomo e metà cavallo)
attorniato da animazioni Flash e 3D e da suoni in costante
trasformazione, cercava di convincere un'ipotetica platea
televisiva dei benefici di una scienza che crea nuove specie per
l'estetica, per l'arte della guerra e per ogni esigenza: I
vecchi animali si estinguono? E chissenefrega! Si può fare di
meglio.
Gli autori spiegano che nella versione definitiva verrà
utilizzata anche una tecnologia di tipo motion capture e
attivato un sito web, come prolungamento dell'esperienza
teatrale, in cui sarà possibile essere informati su
bio-sperimentazioni o “inventare” nuovi incroci creativi. A
dieci anni dalla nascita del primo prodotto biotech, il pomodoro
Flavr Savr, neanche l'arte è rimasta indenne: il brasiliano
Eduard Kac è l'inventore della Transgenic art e del coniglio
fosforescente nato da un incrocio con una medusa del Pacifico.
Un’aberrante operazione in nome dell'arte e il cui motto (Essere
umano non sarà più un nostro limite ma il nostro punto di
partenza) sono più volte citati ironicamente nel corso del
loro divertentissimo spettacolo, di cui ora attendiamo il
seguito.
Balzola spiega le ragioni della messinscena: Ci siamo
immaginati una fattoria popolata da animali transgenici frutto
degli incroci più strani (e non è detto che non siano già stati
creati e brevettati!) ma volevamo trasmettere anche il loro
“punto di vista”, la loro traumatica condizione “esistenziale”.
Abbiamo riproposto il potente testo di Orwell, che in qualche
modo anticipa certe tematiche animaliste.” e aggiunge “Alcuni
rappresentanti della LAV si sono complimentati e appoggeranno il
progetto. Arrivare finalisti al Premio e poter presentare il
lavoro in un luogo così prestigioso come il Teatro Valle è stata
la conferma che la direzione era quella giusta; sperimenteremo
per la versione definitiva de La Fattoria degli anormali, come è
nostra “consuetudine artistica”, la possibilità di diversi
dispositivi tecnologici interattivi sia visivi che sonori per
rendere la scena stessa davvero mutante! Ora stiamo cercando la
produzione”.
Zonegemma ha lanciato (geneticamente parlando...) il seme.
link correlati
www.zonegemma.org
www.eduardkac.org
www.tuttoteatro.com
pietro gaglianò
Zonegemma - La Fattoria degli anormali
regia Andrea Balzola
performer Andrea Cosentino
musiche Mauro Lupone
animazioni Lucia Paolini
[exibart] |
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PROGETTO GALILEO 2006 |
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Ateatro (96) 19/03/06
Studio Azzurro manda
Galileo all'inferno
Il debutto del nuovo
lavoro a Norimberga
di Studio Azzurro |
STUDIO AZZURRO
GALILEO ALL'INFERNO
cosmodramma
Spettacolo di danza e video in 5 piattaforme interattive
Progetto scenico e multimediale: Studio Azzurro
Regia: Paolo Rosa
Coreografia: Daniela Kurz
Drammaturgia: Paolo Rosa ed Andrea Balzola
Testi: Andrea Balzola
Luci e fotografia: Fabio Cirifino
Scenografia e Costumi: Frank Albert
Sistemi Interattivi: Marco Barsottini e Lorenzo Sarti
Musica originale: Tommaso Leddi
Montaggio: Antonio Augugliaro
Operatore: Rocco Cirifino
Grafica: Daniele de Palma
Computer hardware e software: Alberto Massagli, Emanuele Siboni.
Tracking software: Alessandro Valli
Assistenti: Paola Tognazzi, Mahnas Esmaili, Luigi Boccadamo,
Federico Perrone.
Produzione esecutiva: Paola Tognazzi
Relazioni pubbliche: Delphine Tonglet
Coordinamento progetto: Reiner Bumke, 235 Media, Meike Ludwig.
Danzatori in scena: 7 ballerini del corpo di ballo
“Staatstheater Nuremberg”
Danzatori nel video: Corinna Azzi, Andrea Valfre', Valter
Esposito, Simone Magnani, Fabio Ratti, Salvatore Giacomia,
Antonella Marra.
Prodotto da Open Haus Norimberga e Studio Azzurro

Galileo all'Inferno: il viaggio immaginario di uno scienziato
(Testo introduttivo allo spettacolo, a cura di Andrea
Balzola)
Questo spettacolo, che si ispira a Galileo Galilei, nasce dalla
collaborazione artistica tra il Balletto di Norimberga e lo
Studio Azzurro di Milano.
La vita dello scienziato italiano Galileo Galilei (1564-1642)
attraversa il tempo come una stella cometa, è emblematica del
complesso rapporto tra ricerca scientifica e fede religiosa, tra
libertà di pensiero e convenzioni culturali, tra invenzione
tecnologica e sviluppo della conoscenza. Galileo detesta
l’astrazione e l’arroganza dei dogmi accademici e metafisici,
ama l’esperienza diretta del fare come un’artista, scopre i
segreti della fisica immergendosi nella sperimentazione,
creandosi nuovi strumenti di misurazione, non inventa il
cannocchiale ma lo punta per primo con tanto accanimento sul
cielo, fino a diventare cieco, scoprendo e dimostrando che
l’eretico Copernico aveva ragione: la terra non è al centro
dell’universo, la luna e gli altri pianeti non sono sfere
immobili e cristalline ma sono masse viventi, mobili e mutanti,
il fango è per lui più nobile del diamante perché è fonte di
vita. La sua opera diventa simbolo di come il pensiero di un
uomo possa esplorare l’ignoto aprendo nuove prospettive per
l’umanità, a suo rischio e pericolo, ostinato a prezzo anche
della vita e degli affetti. Quando abiura lo fa per paura e per
stanchezza o per poter continuare la sua ricerca, affidandosi al
giudizio dei posteri?
Pubblica le sue opere in italiano invece che nel latino
canonico, perché crede nella condivisione e nella divulgazione
del sapere, la sua opera più importante (Sui due massimi
sistemi tolemaico e copernicano) è scritta in forma di
dialogo come un testo teatrale, Tommaso Campanella la definisce
infatti una “commedia filosofica”, argomenta le proprie idee
facendo parlare il proprio alter ego con 2 interlocutori e così
“mette in scena” per la prima volta il pensiero scientifico,
come un regista-drammaturgo dei concetti. L’idea di
teatralizzare Galileo non viene quindi da Brecht ma da Galileo
stesso. Ma come sintetizzare la complessità del personaggio e
delle sue idee in una visione simbolica, veloce, fatta da corpi
in movimento, immagini videoproiettate e ambienti interattivi?
C’è anche, nel densissimo percorso di questo fondatore del
metodo sperimentale e della scienza moderna, un sorprendente, e
poco noto, tentativo di coniugare il rigore matematico con
l’immaginazione poetica e artistica. Infatti, nelle DUE
LEZIONI ALL'ACCADEMIA FIORENTINA CIRCA LA FIGURA, SITO E
GRANDEZZA DELL'INFERNO DI DANTE, del 1588, Galilei
ripercorre passo per passo il viaggio dantesco all’inferno
cercando, sulla base dei “divini” versi e a commento di due
teorie contrapposte di matematici fiorentini dell’epoca, di dare
una descrizione razionale, matematica e geometrica dei gironi
infernali e dei demoni che li abitano, calcolando misure e
proporzioni di quei luoghi, dei giganti e infine dello stesso
Lucifero. Così Galileo inaugura un'inedita dialettica tra
scienza e fantasia, tra tecnica ed arte, tra matematica e
poesia.
"Se è stata cosa difficile e mirabile .... l'aver potuto gli
uomini per lunghe osservazioni, con vigilie continue, per
perigliose navigazioni, misurare e determinare gl'intervalli de
i cieli, i moti veloci ed i tardi e le loro proporzioni, le
grandezze delle stelle, non meno delle vicine che delle lontane
ancora, i siti della terra e de i mari, cose che, o in tutto o
nella maggior parte, sotto il senso ci caggiono; quanto più
maravigliosa deviamo noi stimare l'investigazione e descrizione
del sito e figura dell'Inferno, il quale, sepolto nelle viscere
della terra, nascoso a tutti i sensi, è da nessuno per niuna
esperienza conosciuto (...) ché dal mancamento dell'altrui
relazione viene sommamente accresciuta la difficultà della sua
descrizione. Per lo che era necessario, allo spiegamento di
questo infernal teatro, corografo ed architetto di più sublime
giudizio, quale finalmente è stato il nostro Dante...”
Qui Galileo applica idealmente (e paradossalmente) il suo metodo
scientifico e i suoi calcoli matematici all’”infernal teatro” di
cui Dante è stato “architetto e coreografo”. E di qui, da questo
intreccio tra arte e scienza, lo spettacolo prende spunto per
realizzare un viaggio simbolico con i linguaggi contemporanei
della danza e delle immagini interattive. L’uso dei dispositivi
interattivi consente ai danzatori di trasformare la scena in
tempo reale con i loro movimenti, superando la tradizionale
separazione tra corpo e scenografia, e si connette profondamente
col principio di Galileo di una tecnologia che può estendere la
dimensione percettiva dell’uomo, addirittura fino al punto di
misurare un luogo "fantastico" e puramente immaginario come
l'inferno di Dante. Lo spettacolo non è quindi un ritratto
biografico, ma un itinerario visionario di Galileo all’Inferno,
raccontato con i “moti dei corpi” coreografati da Daniela Kurz,
con le proiezioni mutanti e interattive di Studio Azzurro, con
frammenti verbali elaborati da Andrea Balzola da documenti e
scritti galileiani, tutto musicato da Tommaso Leddi.
La scena è concepita come un organismo metamorfico, dove, in un
progressivo passaggio tra macrocosmo e microcosmo, i corpi dei
danzatori sono come emanazioni del pensiero di Galileo e
interagiscono con le videoproiezioni, disegnando una “cosmogonia
antropomorfa”.
Galileo inizia il suo viaggio dall’osservazione dell’universo,
in cui gli astri danzano in moti celesti e ruota un globo
terrestre composto di corpi umani; focalizza il luogo dove Dante
colloca l’Inferno (vicino a Gerusalemme), entra nell’anfiteatro
infernale attraverso l’ombelico di Lucifero. Misura l’inferno
attraverso i movimenti dei danzatori; alle soglie della discesa
tra i dannati subisce il giudizio della Chiesa del passato e del
presente attraverso le voci di alcuni papi, rompe la grande
vetrata del dogma e naufraga nel buio travolto da tempeste,
piogge e paludi di fango. Entra su un “tapis roulant” nella
Città di Dite e percorre i gironi infernali, costellati di
esplosioni come gli inferni terrestri della nostra epoca. Fumi
offuscano la vista e scoprono un occhio gigantesco come una
Luna, quello di Galileo, che diventa cieco. Nel buio della
cecità (caratteristica dei veggenti per gli antichi) lo sguardo
muta natura, si rivolge all’interno: un sistema a infrarossi
rivela un nuovo universo, interiore, quello del corpo umano
radiografato dalle moderne tecnologie della medicina
(radiografie, ecografie, etc). Da qui una lentissima zoommata in
fuori svela che questo territorio non e’ altro che un corpo
gigantesco rannicchiato su se stesso simile alle immagini
iniziali, ma costruito con lo sguardo delle nuove tecnologie. E’
una nuova immagine del Lucifero dantesco attorno al quale altri
corpi, forse angeli forse uomini, orbitano come satelliti.
La capacità e il coraggio di Galileo di “guardare lontano”,
interrogando le leggi della Natura e il mistero dell’Universo
con l’esperienza e l’osservazione diretta, potenziando con
l’invenzione di nuovi strumenti tecnici le facoltà umane e
quindi finalizzando l’innovazione tecnologica al progresso della
conoscenza, non segnano soltanto la nascita della scienza
moderna e del suo metodo sperimentale, ma generano anche una
nuova visione dell’uomo. Un uomo che il cattolico Galileo non
voleva sostituire a Dio, ma che stimolava ad assumersi
pienamente, nella meraviglia e nella sofferenza, la
responsabilità della sua presenza al mondo e la ricerca di una
risposta (anche se mai certa e compiuta) ai misteri
dell’esistenza. Lo sguardo umano che si sofferma e studiare la
natura e l’universo scopre in essi anche lo specchio
macrocosmico della condizione umana. E la conoscenza, come
qualcuno più tardi avrebbe suggerito, non serve soltanto a
descrivere il mondo, ma anche a trasformarlo.
Il fulcro dello spettacolo diventa questo rapporto indissolubile
tra conoscenza del mondo ed evoluzione dell’uomo, che si
configura nell’intreccio dinamico tra corpo reale e scena
virtuale (videoproiezioni interattive), frutto di un percorso
che caratterizza la ventennale ricerca espressiva di Studio
Azzurro nelle arti visive e nel teatro e che ha visto già una
precedente collaborazione con Daniela Kurz (Wor mochte Wohl
Kaspar Hauser, 2000).
Nella nostra epoca le innovazioni tecnologiche, e in particolare
la rivoluzione digitale, hanno generato profonde trasformazioni
nella percezione della realtà e nell’immaginario collettivo,
coniugandosi con la ricerca scientifica sono arrivate a
intervenire sugli equilibri dell’ecosistema e sui fondamenti
della biologia umana, e stanno quindi ridisegnando l’identità
stessa dell’uomo e della natura. Raccontare in modo
contemporaneo significa anche appropriarsi di queste tecnologie
per esplorare nuovi territori evolutivi e le nuove problematiche
scientifiche, filosofiche ed etiche che essi suscitano,
superando le frontiere tra i linguaggi. Anche questo è un modo
per accogliere, attualizzare e rilanciare il messaggio
galileiano, che supera le frontiere del tempo per affermare
l’inesauribilità dello spirito di ricerca umana, sempre conteso
tra esperienza e desiderio, tra astrazione e contatto, tra
visione e verifica nella realtà, fra arte e scienza.
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Ateatro (100) 02/07/06
Diverse abilità in
scena a Roma
L'isola che
c'è de "I
Gulliver"
di Andrea
Balzola |
Il gruppo teatrale “i
Gulliver” nasce nell’ambito dei progetti
terapeutico-riabilitativi a favore di persone con disagio
mentale, dalla collaborazione tra il Centro di Salute Mentale
Distretto 12 della ASL Roma C e l’Associazione
Culturale “Diverse Abilità” in cui operano professionisti da
molti anni impegnati nel settore del teatro integrato. Si
tratta, infatti, di un gruppo integrato con attori
professionisti che ha già prodotto uno spettacolo dal titolo “I
viaggi di Gulliver” (Teatro Cometa Off di Roma nel giugno
2004 e nel maggio 2005) grazie al lavoro svolto nei
Laboratori Teatrali Permanenti attivi presso il CSM dal
2000.

Il nostro nuovo lavoro “L’isola che c’è”, con la regia di
Alessandra Panelli, scritto da Andrea Balzola, è nato grazie ad
una sinergia con il progetto Officina Laurentino e con il
Dipartimento XIX del Comune di Roma, all’interno di un
progetto di Animazione Territoriale.
L’idea che guida il nostro lavoro, infatti, è quella di un
teatro inteso come elemento potenzialmente trasformatore del Sé
e della realtà, un luogo dove si sperimentano comportamenti, si
accoglie la trasgressione e la diversità, uno strumento
conoscitivo del mondo interno ed esterno, in cui l’”oggetto”
della conoscenza e della trasformazione non è necessariamente
“il paziente psichiatrico” ma tutti coloro che entrano
interattivamente nell’esperienza (operatori, sanitari, tecnici,
spettatori). Il filo conduttore della nostra ricerca artistica e
terapeutica è rappresentato dal tema del viaggio:
occasione di uscita dalle proprie abitudini, di esplorazione e
di conoscenza di mondi e persone diverse, di confronto con le
proprie paure, i limiti e le risorse, un’esperienza psicologica
ed esistenziale fondamentale per la formazione individuale e
collettiva.
Se il tema di Gulliver era l’uscita e l’allontanamento da casa,
la scoperta di altre dimensioni e della loro relatività , questo
“viaggio dentro casa” ci offre lo spunto per viaggiare dentro il
quartiere, insieme al pubblico, al nostro nuovo Gulliver ed ai
suoi “marinai”, esplorando questa realtà etichettata come
difficile (sarebbe più giusto definirla complessa) ma così poco
conosciuta, cercando uno scambio reale con gli abitanti, con le
attività, le potenzialità, le risorse vive e vitali che lo
animano.
Teresa Mastroianni - psicologa
Alessandra Panelli - regista
VIDEOVIAGGIO DENTRO CASA
Il progetto artistico L’Isola che c’è. Viaggio dentro casa,
che Alessandra Panelli e io abbiamo ideato, si articola in due
parti strettamente collegate fra loro: lo spettacolo teatrale e
il video. Le riprese video sono state realizzate con lo scopo di
esplorare il quartiere Laurentino 38, svelandone luoghi,
situazioni e personaggi e raccogliendo spunti per creare la
drammaturgia dello spettacolo. Vivendolo dall’interno attraverso
le testimonianze delle persone che ci abitano e dei
professionisti che ci lavorano, alla ricerca delle risorse umane
che vogliono e progettano il riscatto di un quartiere periferico
con grandi problemi ma anche con molte potenzialità.
Con un’idea di base: il Laurentino è come un’isola con una
strada perimetrale centrale attraversata da ponti, si trattava
di percorrere questa “isola” ponte dopo ponte, intrecciando il
documento reale con l’interpretazione poetica, la dimensione
sociale con quella simbolica. Quindi abbiamo usato un attore
come esploratore-guida nel quartiere e gli attori della
compagnia integrata Diverse Abilità che hanno
interpretato testi originali e citazioni tratte dagli scrittori
a cui sono dedicate le vie del quartiere.
Ci hanno
accompagnato le note ruspanti di un gruppo di musicanti nomadi,
la fantasia trasfigurante dei bambini e dei poeti.
Il video, che non ha quindi un carattere esclusivamente
documentaristico, costituisce un’opera autonoma rispetto allo
spettacolo, ma nello stesso tempo dialoga e si completa con
esso.
Dal video sono infatti ricavate alcune sequenze che sono
proiettate nello spettacolo e che interagiscono con l’azione
scenica, in un’idea di teatro come luogo concreto di
integrazione, delle persone e dei linguaggi.
Andrea Balzola
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I
RACCONTI DEL MANDALA
concertazione scenica
per voce e datasuit
con
FRANCESCA
DELLA MONICA
a cura di
MAURO LUPONE
Ipertesto e Drammaturgia:
ANDREA BALZOLA;
Musica, Sound design e Interazione Audio
MAURO LUPONE; Video:
THEO ESHETU con la collaborazione di
SAMUELE MALFATTI;
con la partecipazione di
ANDREA CARABELLI, MARION D'AMBURGO, CATERINA DE REGIBUS, MASSIMO
VERDASTRO, FRANCESCO e RICCARDO CORSI; Costumi:
MARION D'AMBURGO; Responsabile Tecnico Audio:
GIANLUCA CAVALLINI; Coordinamento, Logistica e
Documentazione: ANNA MARIA
MONTEVERDI
I RACCONTI DEL MANDALA
è uno spettacolo interattivo, a cura del compositore elettronico
Mauro Lupone, dove una partitura avvolgente di racconti,
suoni, gesti e immagini video compone un mandala virtuale. Il
corpo-voce della performer Francesca Della Monica attiva
un flusso di immagini e suoni in trasformazione che seguono la
iperdrammaturgia labirintica scritta da Andrea Balzola:
un abito tecnologico dotato di sensori (datasuit) costituirà il
centro di generazione delle azioni audiovisuali digitali, create
su una partitura sonora interattiva allestita dallo stesso
Lupone, nella quale si innestano le elaborazioni video di
Theo Eshetu (in collaborazione con Samuele Malfatti)
Un tecnospettacolo in cui i segni digitali del linguaggio
intermediale si compongono in libere riorganizzazioni e
sconfinamenti, in creatività consapevoli mediate dall’uso del
corpo-voce del performer, in una dimensione della coscienza
intermedia tra veglia e sogno, tra ragione e immaginazione, tra
parola e vocalità. Il racconto rielabora in forma ipertestuale e
con un linguaggio mitologico i grandi temi del rapporto con il
tempo e il mondo tecnologico, della ricerca interiore, della
generazione e della morte, mediante personaggi e storie
contemporanee, intrecciati da profonde connessioni simboliche.
Un immersione totale nel mandala (termine sanscrito che
significa cerchio sacro o magico, di cui Jung ha rivelato
l’importanza archetipica nel processo di consapevolezza ed
evoluzione spirituale), un mandala interattivo composto da
partitura di racconti, suoni, gesti e immagini video che il
perfomer gestisce come soggetto generatore di processi simbolici
e di iconismo linguistico, esploratore di dinamiche profonde.
Un’azione che esprime una volontà che muove dall’interno verso
l’esterno, e viceversa, in analogia ai meccanismi stessi della
percezione che ricerca e agisce per selezione all’interno
dell’informazione totale fornita dall’esperienza, alla ricerca
del proprio centro di interesse (ogni mandala conduce a un
centro). L’azione del perfomer diventa così il vero centro
motore del sistema di rappresentazione dell’universo simbolico
da cui nasce il processo di “consapevolezza” prodotto
dall’esperienza mandalica.
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PROGETTO "HOELDERLIN"
2008 |
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Le voci del vulcano
(La Torre di
Hoelderlin)
Anteprima
Festival Metamorfosi, Città del Teatro Cascina (Pisa), luglio
2008
Teatro Sociale
di Bergamo, 2008
Festival
Stradivari Arte e Musica di Cremona, 2008
Testo originale e Drammaturgia di
Andrea Balzola
Scene interattive, video e animazioni di Tullio Brunone,
con la collaborazione informatica di Norberto Serana
Musica, sound design e interazioni audio di Mauro Lupone,
con la collaborazione di Francesca Della Monica.
Regia teatrale: Massimo Verdastro e Andrea Balzola
Protagonisti: Massimo
Verdastro-Hoelderlin, Francesca Della Monica(soprano)-Diotima/Susette;
Traduzioni originali da
Hoelderlin di Jorn Schnell;
Coordinamento organizzativo
Annamaria Monteverdi.
Xlab – Compagnia Verdastro-Della
Monica
Produzione Città del Teatro
Cascina - Festival Arte e Musica di Cremona
Uno
spettacolo interattivo che unisce le arti visive, la musica, la
poesia, il teatro e il video per raccontare in forma
poetico-simbolica gli ultimi trentasette anni di vita del grande
poeta tedesco Friedrich Hoelderlin.
Anni
segnati da una misteriosa follia e dalla rinuncia al mondo,
trascorsi in una torre a Tubingen, in seguito alla morte della
sua amata e a un traumatico ricovero in manicomio che lo
emargina completamente dal mondo intellettuale, artistico e
sociale dell’epoca, di cui era stato uno dei più geniali
protagonisti.
Friedrich
Hoelderlin (1770-1843) è stato uno dei massimi poeti
dell’Occidente, le sue intuizioni hanno ispirato i maggiori
filosofi a lui contemporanei (come Hegel e Schelling, che lo
hanno frequentato) e moderni (come Heidegger, che ne ha fatto un
modello da studiare); la sua opera letteraria (il romanzo
Iperione) e drammatica (la tragedia incompiuta La morte
di Empedocle) raggiunge uno dei vertici dello spirito
visionario tedesco, ma con l’universalità dei grandi classici (Hoelderlin
è stato anche traduttore di Sofocle); la sua vita è stata un
enigma, segnata da grandi passioni, ideali (l’adesione alle
speranze di rinnovamento rivoluzionario della società
dell’epoca) e amorose (l’amore impossibile per Susette Gontard),
da grandi delusioni professionali e artistiche (i mancati
riconoscimenti accademici ed editoriali, la povertà), politiche
(il fallimento degli ideali rivoluzionari) e da profonde
sofferenze affettive (l’assenza del padre, la difficile
relazione con la madre, la morte precoce di Susette) che
sfociano nel suo progressivo isolamento e nella sua presunta
follia. Gli ultimi 37 anni della sua vita Hoelderlin li
trascorre vivendo “eremita” in una piccola torre, ospite di un
generoso falegname di Tubingen, componendo brevi poesie firmate
Scardanelli e con date impossibili.
Nota di Andrea Balzola sulla drammaturgia:
La struttura drammaturgica prevede un Prologo, uno
Sviluppo che segue le fasi di una simbolica giornata
(notte, mattino, mezzogiorno, pomeriggio, tramonto), e un
Epilogo, nel quale il poeta trova rifugio nel ciclo naturale
delle stagioni e nel canto della sua amatissima Susette Gontard
(per lui Diotima) che dà voce ai suoi ultimi versi (poesie
brevi, apparentemente molto semplici dedicate alla natura e
firmate con nomi diversi e con date impossibili).
Lo spettacolo
che vogliamo dedicare al poeta non vuole essere il tentativo di
raccontare teatralmente la vita di Hoelderlin e tantomeno ha la
presunzione di spiegare il mistero della sua follia, la sua
grandezza e la sua complessità sono infatti irriducibili a
un’unica chiave di lettura e in ogni caso non può essere compito
di un lavoro artistico. Quello che invece vorremmo fare è un
omaggio teatrale-musicale alla sua figura di poeta, immaginando
l’ultimo Hoelderlin, che vive isolato nella sua torre e che nega
di chiamarsi (quindi di essere) Hoelderlin, alle prese con i
“fantasmi” della sua vita (i famigliari, gli amici, le donne) e
della sua immaginazione (i personaggi e i luoghi mitici delle
sue opere). Al centro di tutto, Hoelderlin che dialoga con la
sua amata musa Susette (come Dante con Beatrice), in una
relazione d’amore che è metaforicamente e teatralmente quella
tra la parola e il canto, la poesia e la musica. Mentre il
poeta, nel corso dello spettacolo, si trasforma nei suoi
personaggi (Iperione e Empedocle), intorno a lui, sulle pareti
virtuali della sua torre, appaiono luoghi (come il vulcano Etna
dove si getta il personaggio Empedocle), e personaggi (alcuni in
video, o come animazioni, altri solo in voce) che appaiono e
scompaiono interattivamente come sue visioni e testimoniano in
modo anche contraddittorio, frammenti della vita, delle idee,
dell’arte e dei sentimenti di Hoelderlin.
Nota di Mauro Lupone sulla sonorizzazione:
La natura. Uno spazio sonoro vivo e vitale. Un paesaggio sonoro
che avvolge, abitato dai rumori della natura, come impronte
emozionali, flussi di coscienza o tracce di ricordi che
affiorano. Elementi della percezione che si sovrappongono, si
trasformano perdendo le loro caratteristiche di realtà
riconoscibili, trasfigurate dalla condizione psichica ed emotiva
di Hoelderlin... Una spinetta suonata ripetutamente, monotamente,
ossessivamente, rifugio e mezzo di espressione dell'io. E la
voce. Quella voce. La voce-canto di Diotima/Susette, l'unico
vero referente comunicativo intimo e profondo. Colei che "placa
il caos del tempo..e coi tranquilli accordi celesti unisce quel
che è diviso finché la placida natura antica fuori del tempo dai
fermenti grande, alta e serena si sollevi". Una voce che placa,
che conforta ma che è destinata a spezzarsi come un terso
prezioso cristallo.
Nota di
Tullio Brunone sul progetto interattivo :
“Cuore del
progetto interattivo è il software Fidelio che ho realizzato ed
utilizzato nel lavoro presentato a Berlino (Play Gallery). Il
software è stato progettato e configurato anche per controllare
uno spazio scenico-teatrale e ricavarne una serie di dati coi
quali far interagire e pilotare una serie infinita di
periferiche per mezzo delle quali gestire il suono, le immagini,
motori, luci, processori, Rete, etc. Nel progetto sono due i
livelli di intervento previsti in riferimento allo spazio, e
cioè l’Opera teatrale-musicale e l’Installazione-Performance.
Nel primo
caso il software funzionerà da collaboratore invisibile in
scena, accompagnando e costruendo attorno al protagonista
Hoelderlin tutti quegli elementi che si riferiscono
all’ambiente, allo spazio, alle visioni e al pensiero in quel
momento protagonisti in scena.
Nel secondo
progetto, l’Installazione-Performance, la funzione
sarà quella di trasformare il pubblico in protagonista,
sostituendo l'osservatore a Hoelderlin e riconducendo il luogo
del pensiero del poeta ad un processo di identificazione con
colui che in quel momento si trova all’interno del “luogo” (la
torre di H.).”
In entrambi le
situazioni il sistema si integrerà con la struttura tecnologica
allestita per la produzione e la gestione dell’audio in scena e
nella sonorizzazione installativa, progettata e coordinata da
Mauro Lupone, che prevederà anche l’utilizzo di sistemi di
spazializzazione audio multicanale dedicati.
Il Progetto si
sviluppa in 3 fasi fra loro complementari:
1)
un video con animazioni
2)
Un’installazione interattiva con performance
3)
Uno spettacolo teatrale-musicale interattivo
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