SINOSSI DI BORDERS
Il tema: un
viaggio simbolico attraverso i confini tra paesi ricchi e paesi poveri, tra le
etnie e le culture, attraverso i confini della biogenetica e della
biocibernetica, alla ricerca dell’uomo “mutante”
Aria, la “Viaggiatrice” (la
Psiché greca =Farfalla/Anima, un po’ l’Arianna del mito del Minotauro, un po’
lo spirito Ariel de La tempesta di Shakespeare)
apre lo spettacolo ed è la sua
guida poetica, tiene il filo dello spettacolo-labirinto. Va alla ricerca del
suo Uomo smarrito (cerca Teseo, l’uomo che l’ha abbandonata, Teseo inteso
simbolicamente, come l’eroe antico: l’uomo
protagonista della sua storia. Il “desaparecido” come metafora della
crisi dell’identità umana, crisis=trasformazione): un uomo in trasformazione, che mescola etnie
diverse, che mescola biologia e cibernetica, in fuga verso il futuro, ma anche
in fuga da un futuro chiuso nei laboratori tecnoscientifici verso il
“laboratorio” aperto della realtà.
I personaggi:
Le Macchine parlanti (3)
I tre migranti “vincitori” (africano, asiatico, slavo)
Il gruppo dei profughi (comparse)
Il tecnico col camice bianco
Il Mutante
I robot
Musicisti dal vivo
La scena:
In un teatro all’italiana, al confine tra platea e palcoscenico, c’è una grande struttura con un’apertura centrale in mezzo, simile al boccascena. La “Grande struttura” è un ibrido tra una torre di controllo, una cabina di regia, un bunker, un traliccio, un totem tecnologico. E’ una macchina di confine tra la platea, piena di pubblico, e la scena, vuota come il deserto dei tartari. Dalla struttura, che è effettivamente una cabina di regia dove sono visibili i tecnici, il regista e i suoi collaboratori che gestiscono luci, proiezioni e congegni dello spettacolo, si dirama un labirinto di pannelli mobili che isolano parti di pubblico e sui quali sono proiettate immagini interattive.
LA PARTITURA
TESTUALE(2000-2002) di BORDERS
(scritta da Andrea
Balzola con la supervisione di Paolo Rosa)
Schema drammaturgico:
I PARTE: La Ricerca
In 5 movimenti:
1.
Aria in mezzo alla gente
Aria
appare in mezzo al pubblico, in platea a luci ancora accese, cerca qualcuno, un
uomo scomparso, il suo uomo (cerca Teseo, l’uomo che l’ha abbandonata, Teseo
inteso simbolicamente, come l’eroe antico: l’uomo protagonista della sua storia), a gesti, con
piccole fototessere, cerca indizi.
2. Le Macchine parlanti
Tre
Macchine parlanti, con un monitor al posto della testa e un corpo cyber,
accolgono Aria sul palco. Sono sorridenti, seducenti, eleganti e gentili come
maggiordomi televisivi (piccoli tic creano una ritmica minimale dei loro
corpi). Le loro voci sono morbide e sensuali. Mostrano ad Aria uno schermo su
cui scorrono a velocità crescente centinaia di volti d’uomo di tutte le
etnie e le età. Potrebbero essere tutti gli uomini costretti ad attraversare il
confine del loro paese. Aria non ne riconosce nessuno.
3.
Inventario degli oggetti perduti
Piovono
sulla scena oggetti personali (scarpe, abiti, passaporti, etc) che sono le
tracce reali e simboliche che i profughi, i migranti, gli esuli della storia
hanno perso o abbandonato nel loro cammino. Aria li raccoglie, ne fa
l’inventario, ne cerca utopicamente i proprietari, interagendo con proiezioni
di piedi scalzi in marcia, sulla terra, sulla sabbia, nel fango e nella neve.
4.
La grande muraglia dei profughi in marcia
Appaiono
dei pannelli, come muri di confine che dividono lo spazio. Su questi sono
proiettate le immagini delle grandi marce dei profughi del Novecento (dagli
ebrei agli afgani). E’ come una grande muraglia di esseri umani in marcia senza
meta e senza ritorno. I musicisti dal vivo ne accompagnano il percorso. Le
Macchine parlanti “intrattengono” il pubblico, sorridenti, recitando i dati
(reali e rivelatori dello spaventoso squilibrio tra paesi ricchi e poveri) del
prodotto interno lordo procapite dei paesi di tutti i continenti. Nella
sala entrano, di soppiatto, come clandestini, uomini e donne di diverse età ed
etnie. Si dirigono con movimenti rallentati verso il Confine del palco.
Sussurrano parole in diverse lingue, un brusio babelico e incomprensibile. Aria
continua la sua ricerca, prova a parlare con loro, ma non rispondono. I
profughi si assembrano sotto il palco, ma non possono salire. Le Macchine
parlanti, sempre in modo gentile, impediscono loro l’accesso al palco,
canticchiando una specie di canzone.
Sugli
schermi (vedi l’installazione “Il Viaggio”) compaiono delle valige
“radiografate” che scorrono su un nastro (come ai controlli dell’aeroporto):
contengono oggetti simbolici dei profughi/migranti.
Nel punto d’accesso del palco appare una soglia metallica, tipo quella
per i controlli degli aeroporti (vedi l’installazione “Dove va tutta questa
gente”). Le Macchine parlanti invitano i profughi a mettersi in fila
indiana per oltrepassare questa soglia. Ma il loro passaggio fa scattare
l’allarme, le porte si aprono e si chiudono in modo folle e imprevedibile. Sono
costretti poco alla volta a spogliarsi fino a rimanere nudi o quasi, ma
l’allarme continua a scattare, le porte si aprono e si chiudono. Sulle porte
appaiono molto ingrandite impronte digitali, impronte di mani e di piedi. I
profughi non possono passare. IL suono dell’allarme e il movimento di
apertura e chiusura delle porte creano un ritmo alienante, i passi avanti e
indietro dei profughi diventano come passi di una danza meccanica e grottesca,
che le Macchine parlanti scandiscono soavi come una specie di rap, snocciolando
le percentuali delle popolazioni che oggi soffrono la fame (sugli schermi
potrebbero scorrere immagini di file reali degli extracomunitari per dare le
impronte e avere i permessi di soggiorno).
5.
L’estrazione del migrante vincente
Le
Macchine parlanti fanno entrare sul palco dei bambini bendati e delle urne per
l’estrazione di numeri vincenti. Tre profughi (di etnie diverse: asiatico,
africano, slavo) che indossano delle maglie da calciatore mostrano il numero
vincente. Vengono fatti salire sul palco, sono acclamati come eroi, gli si
danno abiti eleganti e posano per fotografie che sono poi distribuite agli
altri profughi. Come in un “reverse”
elettronico la massa dei profughi si disperde e indietreggia fino a scomparire.
In scena piovono lettere (sugli
schermi scorrono le immagini di scritture manuali diverse: l’arabo, il cinese,
il sanscrito, l’ebraico, etc. si mescolano, si sovrappongono...). Aria
raccoglie le lettere. Lei stessa e altre voci femminili registrate leggono in
diverse lingue, ad alta voce, dei frammenti di queste lettere: sono lettere
d’amore di amanti separati e lontani. I tre uomini hanno reazioni diverse e
contraddittorie nei confronti di Aria: tentano di baciarla e di far l’amore con
lei, le fanno gesti osceni, le prendono le lettere dalle mani e le strappano,
dicendo frasi disarticolate e visionarie, come dette da naufraghi su una terra
straniera.
BUIO
II PARTE: L’ingresso nel Labirinto
In 4 movimenti
1.
Il corpo svelato
Il
palco si trasforma in una specie di passerella. Non sfilano le ultime tendenze
della moda bensì le ultime tendenze della ricerca biogenetica, invece della
griffe compare un grosso logo (di una multinazionale di ricerca Genetica, tipo
Celera Genomics di Craig Venter che commercializza i risultati del Progetto
Genoma Umano). Le macchine parlanti
presentano i 3 calciatori: sono i testimonial di una multinazionale di prodotti
biogenetici. Danno spettacolo con performances atletiche (qualcosa tra gli
esercizi ginnici di “Vita futurista” e gli spot Nike). I loro movimenti
attivano delle proiezioni che visualizzano l’esplorazione anatomica e genetica
dei loro corpi: si vedono le radiografie
e /o ecografie dei 3 uomini (sezionamento e animazione digitale dell’interno
del corpo umano, in senso orizzontale e verticale). Si vede l’interno dei loro
corpi come prima si vedeva l’interno delle valige. Poi, dopo la visualizzazione
degli organi interni, dei muscoli e delle ossa sezionati, l’analisi si fa
sempre più microscopica: con le fibre ottiche si esplorano gli organi interni,
con i microscopi elettronici si vedono le cellule, fino alla rappresentazione
animata in computer grafica 3D della mappa del DNA.
Durante questa passerella, le
Macchine parlanti, con tono da
intrattenimento e linguaggio scientifico divulgativo, descrivono le tappe del
progetto Genoma Umano (dalla scoperta del DNA, nel 1953, alla scoperta del 2000
che il DNA umano è composto da 35.000 geni, a un ipotetico presente-futuro)
fino al progetto di schedatura genetica universale (si vede uno spot tipo carta
Visa o American card, dove coppie geneticamente perfette esibiscono raggianti
la loro genetic-card, le sorpassate caste e classi sociali saranno sostituite
dalle nuove caste e classi genetiche. Si potrà trovare lavoro, sposarsi, avere
figli, denaro e potere solo in relazione
alla classe genetica di appartenenza).
Sugli schermi si vedono i
“miracoli” (i miti che l’umanità insegue da millenni) che la biogenetica
porterebbe nella medicina e nella chirurgia: paralitici che iniziano a
camminare, anziani che ringiovaniscono e adulti che non invecchiano, mutilati e
handicappati che ritornano integri, brutti che diventano belli, etc (la fede
nella scienza subentra a quella religiosa).
2. Il corpo smembrato (la
fabbrica degli organi)
I tre uomini entrano in un
videobox. Si vedono smembrarsi le immagini dei loro corpi, si separano gli arti
e gli organi interni, poi le cellule e i geni, alcuni sono distrutti, altri
selezionati e distribuiti su nastri (di monitor) che scorrono come una catena
di montaggio. Il palco si trasforma in una fabbrica (virtuale) di organi: una
sala controllo con una parete video (un mosaico di tante proiezioni
simultanee). Un tecnico in camice bianco ingrandisce con un telecomando e
controlla i diversi reparti (interamente automatizzati): vediamo immagini del
reparto dove si coltiva la pelle, del reparto dove si formano le ossa, del
reparto dove si trattano organi transgenici prelevati da animali per trapianti
su uomini, del reparto dove si clonano gli insetti, gli animali e parti del
corpo umano, etc. Aria si aggira come una turista in questa fabbrica virtuale.
Il tecnico si collega con un
canale tv con il logo della multinazionale dove ritroviamo Le Macchine parlanti
che vendono in diretta, all’asta (come nelle televendite), arti, organi,
cellule e geni.
3. Il corpo virtuale
L’uomo in camice bianco esce di scena. Si aggirano per il palco due
sentinelle-robot. Aria aspetta che si siano allontanate per appropriarsi del
telecomando usato dal tecnico col camice bianco. Con il telecomando esplora il
menu della fabbrica virtuale finché si sintonizza su un’immagine: è il
calciatore africano, trasformato (se possibile con il software Motion capture,
o altrimenti) in un personaggio virtuale.
Lui le descrive affascinato il
mondo virtuale nel quale ora vive.Un mondo che simula la realtà ma la
“ripulisce” dalle sofferenze e dai contrasti, una “materia” totalmente
manipolabile dalla mente e dal desiderio.
La invita a raggiungerlo, Aria entra nel videobox.
4. L’incontro con il mutante (il
centro del labirinto)
Il calciatore africano e Aria,
divenuti personaggi virtuali dentro una realtà virtuale, si ritrovano e
raggiungono una stanza segreta (come il centro del labirinto dove è nascosto il
Minotauro). E’ un grande laboratorio con al centro un “essere vivente” in continua mutazione e ibridazione: uomo/donna,
umano/animale, umano/cyborg, europeo/asiatico/africano, etc. Un aleph umano, un
“transgender”, un essere mutante virtuale modificato “geneticamente”(la
“creatura” può essere manovrata con il DATA-Glove), che cambia
caratteri somatici, testa, sesso, colore della pelle, parti del corpo,
organi interni.
La Viaggiatrice domanda al
Mutante: “Dov’è il mio uomo? Sei tu? Chi sei? “ Il Mutante risponde con humour
paradossale (come un “fool” shakespeariano) e voci sempre diverse (uomo, donna,
robot, animale), raccontando dall’interno realtà, possibilità, paure e utopie
del rimodellamento biogenetico e biocibernetico dell’essere vivente. Il Mutante
ha visoni simboliche profetiche, come una coscienza onirica dell’umanità, legge
nel pensiero e “vede” la storia e il mondo dei suoi ospiti: vede e fa vedere
(su uno schermo sono proiettate le sue immagini mentali, molto rapide, quasi ai
limiti della percezione), le tappe della crescita dell’africano fino alla sua
emigrazione verso l’Europa, il
continente africano con i suoi forti contrasti: una natura stupenda e i disastri
ecologici del petrolio e della desertificazione; la bellezza dei corpi e la
loro devastazione per la fame e l’aids, la vitalità della gente e i massacri
etnici. Vede una marcia di bambini neri verso un orizzonte deserto e ignoto
(come la crociata medievale dei bambini).
Sollecitato dalle domande di
Aria, il Mutante rivela che il “grande laboratorio” vuole fare di lui una
perfetta macchina da guerra, perché tutti i “grandi finanziamenti” sono
destinati alla ricerca tecnico-scientifica per scopi militari. Il Mutante
chiede ad Aria e all’africano di aiutarlo a fuggire dal “grande laboratorio”
per conoscere la “grande realtà” e raccontare a tutti le sue “visioni”.
III PARTE: Sconfinamenti
La fuga dei tre (Aria, africano e
mutante) dalla realtà virtuale del “grande laboratorio” è ostacolata dalle sentinelle-robot
(i quali – è un’idea di Camurri - prima assumono comportamenti aggressivi poi
si ripiegano su se stessi come soggetti autistici, ripetendo ossessivamente gli
stessi movimenti e diventando inservibili), ostacolata da trappole virtuali (barriere,
porte che si chiudono, esplosioni, etc.).
E infine, quando escono dal “labirinto”, i 3 fuggitivi sono ostacolati
dalle Macchine parlanti e dalla truppa dei giornalisti (interpretati da alcune
delle comparse che facevano i profughi) che li assediano di domande insulse. Il
loro linguaggio è babelico, creano rumore visivo e sonoro, sono molesti,
maldestri e dispettosi (in modo
comico/grottesco), mescolano frammenti musicali e verbali, si nutrono
voracemente degli orrori del mondo e del cattivo gusto.
Finale: la scena
diventa progressivamente una discarica, di informazioni, di suoni e immagini
senza racconto, i corpi cibernetici, le Macchine parlanti diventano cumuli di
residui inutili e inservibili. I corpi viventi (la Viaggiatrice, l’africano, i
profughi, il mutante) abbandonano la scena, sconfinano oltre essa, si mescolano
tra il pubblico, domandando agli
spettatori: “Dov’è il mio uomo? Sei tu? Chi sei tu?” verso un nuovo viaggio
“fuori le mura” alla ricerca dell’Uomo perduto, dell’Uomo nuovo. Sugli schermi
scorrono le “visioni” profetiche del Mutante.