- POESIA versi 2004-2006

 
POESIA EROTICA CONTEMPORANEA

 (un’antologia), ATI – Alta Tensione editore

(sezione a cura di Mariella De Santis, redazione rivista “Monte analogo”)

 
Per Gino Gorza  -  Galleria Del Ponte - Torino - 13 maggio 2005
 
Andrea Balzola due poesie "Passaggi"
 

Andrea Balzola

LUOGHI (versi inediti 1989-2003)

Praga 1989, Lisbona 1994, Torre Pellice 1995, Roma 1996, Sarajevo 1996, Carrara 1997, Parigi 1999, Torino 2003.

 

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Poesia erotica contemporanea

POESIA EROTICA CONTEMPORANEA (un’antologia), ATI – Alta Tensione editore

(sezione a cura di Mariella De Santis, redazione rivista “Monte analogo”)


 

Andrea Balzola

EROPOESIE (10 poesie erotiche ( 2006 ))

con nota biografica


 

Ero sognante

 

Ero sognante

ante ogni eros

ero soavemente

sapidamente

inerme dinnanzi

al pub di Venere

alla soglia più sottile

e più fonda

fra in e out

fra ante e post

fra l’ardire e

il tradire

esotiche e rosee

epidermidi

incorruttibili


 


 

Il fuoco


Sfregando pelli

si sa

nacque il fuoco

che acqua non spegne

Cosa attizzò

la vasta umanità?

Braci di notti estinte

che plasmarono argille

e tramontane

che soffiarono sul fuoco

per cavarne

facce di cuori

sorrisi di quadri

ritmi intermittenti respiri

che popolarono il pianeta

di attimi fuggenti

e schiere di bastoni e spade

 

 


 

Languida

 

Languida mente

s’insinua

lingua che

lenta mente

ti esplora

Avida mente

smuove lembi

di pudore

saliva

sentieri impervi

tremiti lasciando

ondate di onde lente

crescono lentamente

saliva

tracce oscure

fremiti lasciando

ovunque

espande cresce

irreparabilmente

lingua che

infine divora

l’ora delle ore



 

Rabbrividente


 

Un rabbrividente per favore

Rabbrividisco quando

artigliato tentacolato

agganciato sventolato

catturato risucchiato

Rabbrividisco ancora

mosso scosso

grosso rosso

Rabbrividisco da cima a fondo

incandescente fremente

quando

esplodendo

rabbrividisco ancora

 


 

Sguardozoo


Lume allumante lo sguardo

vaga e cerca

prede ambulanti

scivola rimbalza

s’infila s’abbassa

e si rialza

Avvezzo a contorsioni e

virate brusche

tal lieta volta s’appiccica e

si fa rampicante

nulla lo distoglie se non

i precetti del pudore

o la sparizione della Fata

Morgana

Migliaia di battiti di ciglia

sono il metronomo

dello sguardozoo

che feconda la distanza

in accanita lotta col povero poco

che il desiderio raccoglie

accompagnando lo sguardo

con l’antico gioco


 


Il granchio e la sibilla

 

Sibilla sibilante

presa

tra le mie chele di granchio

Ti corro sui fianchi

pizzicando corde sottili

accordando passi falsi

e gustose salse

di dame marine

dicasi anche sirene

per i miei pasti succulenti

Le tue coppe fiere

Sibilla silente

tra le mie chele pigre

s’innalzano ancora

E m’aggroviglio

mi dibatto m’impiglio

nel tuo bosco marino

al canto di Upupa

che mi guida e mi perde

Sibilla suadente

nello scoglio umido

che mi sarà fatale


 

Azzurramente

 


Azzurramente immersa

nel chissadove

galleggi come una metafora

sul mio corpo esteso

ai suoi confini estremi

Azzurramente protesa

din dondolando bimba

sul baratro tracimante

dei miei sussulti e del mio grido

d’animale

braccato azzurramente

fino all’ultima goccia

distillata

finché morte non ci separi

 


 

Paesaggio

 

Il tuo corpo

è il paesaggio che ho invaso

calpestato di carezze

frustato di baci

strangolato di abbracci

seviziato di assalti

torturato di piacere

accecato di estasi

In questo paesaggio

mi sono nascosto

fuggitivo

per strapparti le radici

furtivo

per rubarti l’ardore

fingitore

per ingannare il tuo orizzonte

mescolandolo col mio



 

 

Tintinnando

 

Tintinnando i calici

nel tuo covo segreto

Titillando le quattro C vietate

del tuo corpo crudo

Tentennando sulle tue cavità

non carrabili

Tento l’unico solitario

accesso che mi hai concesso

Ora dove sono adesso

non vedo e non sento più

altro che il tintinnare

di cuori selvatici


 


 

Zona franca

 


Qui

nella zona franca

vibrano antenne invisibili

lo spazio trema

quando le tue

lunghe dita

lo pizzicano

alla cieca

ricerca

di una ciliegia rossa

di un unicorno bianco

di un talismano nero

Qui

nella zona franca

ondeggiano prue invisibili

il tempo rallenta

quando le tue lunghe dita

lo trattengono

nella cieca

lotta

per un totem rosso

per una vertigine bianca

per un’eternità vera


 

 

Andrea Balzola

Nato a Torino nel 1961, vive a Roma, insegna all’Accademia di Brera, Milano.

Viaggia molto, anche tra le forme di scrittura: drammaturgo, sceneggiatore, narratore, saggista.

Ha pubblicato presso numerosi editori, tra cui Garzanti, Editori Riuniti, Rosenberg & Sellier, Nistri-Lischi, Fogola,. Di poesia ha pubblicato tre raccolte: Disgregazione, Zero, Nostra Dormiente; Ri-versi nell’antologia L’addomesticamento del bue e Passaggi nella rivista “Monte Analogo”.

 


Per Gino Gorza


 



Andrea Balzola due poesie "Passaggi"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


LUOGHI (versi inediti 1989-2003)

Andrea Balzola

LUOGHI (versi inediti 1989-2003)

Praga 1989, Lisbona 1994, Torre Pellice 1995, Roma 1996, Sarajevo 1996, Carrara 1997, Parigi 1999, Torino 2003.


 

Praga (1989)


Forse un cigno di Mala Strana

avvolge il collo liberty

intorno al vibrato più lontano

di questo diapason

Oppure il volto biondo

che s’annuncia alla Moldava sottovoce

dalla cornice di un’icona

Inebetito dall’andare

che si ripete e non si ritrova

perdo subito le tracce di quelle trecce

Per breve gioco di monete

e aritmetiche infedeli

ho confuso finalmente

il passo con il verso

sul dorso della via dell’oro


 


 


 

Lisbona (1994)


Volammo dans la ville blanche

arrancando salite scoscese di ceramiche azzurre

e acciottolati e baffi neri e perenne odor di griglie roventi

e venti di nuvole grandi sempre più grandi del cielo

Fummo subito affacciati ai leoni di ferro arrugginito

davanti al sorriso di Nostra Senora del Rosario

con la sua piuma bianca e l'abito barocco

senza strascico però

attillato e umile nella via stretta

senz'oro e senz'argento

via dei panni bianchi a vela

Stanchi del viaggio non ancora di abbracci

già suonavano le note del Fado

che si sa è il canto della distanza

Fu in un appuntamento non preso

che apparve il teatro metafisico di danze stralunate

e voci indimenticate

Fu la ventosa notte dissolta in Dixieland e taxi sincopato

L’ultima alba sbandammo tra S.Geronimo

e la torre di Belem, Belem, Belem

incagliata in glorie lontane e ingorghi di turisti

fin dall'epoca manuelita

coloni incolonnati dal tempo


 

Torre Pellice (1995)

 

Che rapporto c’è

tra una torre e un fiume?

Il Pellice

che s’allarga e si svuota

come un torrente inquieto

che scende malvolentieri di quota

Torre svanita

Fatta forse di leggenda

Rimangono invece gli assediati

sulla difensiva

ad accogliere gli stranieri

con occhiate sghembe

pronti a far cerchio intorno

al monumento di Pietro Valdo

eretico eroe

precursore della Riforma

marcando con la erre tipica

il territorio

Boschi corteggiati senza tregua

dalla pioggia

perciò più verdi dei verdi dei pittori

che s’accaniscono a dipingerli

Si trovano strani funghi

che somigliano a elfi antichi

mummificati

Nascosti in anfratti e grotte

talvolta spudorati

si esibiscono tra l’erba dei prati

Una natura così forte

s’inerpica fino alla roccia e al ghiaccio

per scavalcare il confine

del colle della Croce

sentieri partigiani e montanari

che vegliano dall’alto

la piccola preziosa valle chiusa

Dove molti talenti si rifugiano

e accanto ai camini infuocati

assopiscono

per non disturbare

e non esser disturbati


 


 

Roma (febbraio 1996)


E attraverso

attraverso i ponti

attraverso i ponti del tempo

che la città terrestre di AMOR

che la città delle città del tempo

ha gettato nel vuoto saturo

della natura

sullo specchio nomade

del sole mediterraneo

Sul ponte che attraverso

invisibile sensibile

come l'aria il soffio

il vento che porto

o che mi porta

a questa soglia

E guardo l'acqua infuocata

la lava colata dal sole

in terra madre

tra le mura più antiche

tra le mura rossarancio

all'ombra degli ombrelli dei pini

e delle palme che danzano

come esotiche amanti

Vedo l'uccello nero

eretto sull'acqua infuocata

le ali sospese nell'aria antica

Fermo nel controluce

Vedo la Fenice risorgere dal fuoco

con le ali aperte

ad abbracciare l'aria antica

vibrante nell'annuncio indecifrabile

di un volo nuovo

Lo vedo ora sfiorare

il fiume d'oro

con le ali tese e la direzione del sole

lo vedo volare dove volare si vuole

 


 


 

Welcome to Sarajevo (marzo 96)


Aldilà

del monte ghiacciato

nella bufera di neve di vento di volti

dispersi nel bianco

nell'opaco sordo passo inesausto

dal meno al niente

tra i tronchi spezzati

dai fulmini umani

tra semine di crateri e braci

campi arati dall'era finale del metallo

Dall'alto appari

Bianca nel bianco

invisibile quasi

miraggio e bersaglio

lontana come un'isola pietrificata

senza cielo e senza terra

Sola e pallida

come già morta

Sfatta

Insepolta

Ma il tuo silenzio chiama

e da vicino respiri

Ancora

L'attesa è immobile

alle tue porte sbarrate

e cingolate

a vedere i bambini giocare

alla guerra

nella neve ancora rossa

a vedere gli uccelli volare

dagli innumeri nidi

scavati dai mortai

sulla fronte delle case

Confondendo eliche d'elicotteri

con ali di corvi che annunciano :

"Welcome to Sarajevo"

Costeggiando le trincee della paura

le voragini delle strade

i tunnel dei dannati

vengo al tuo cuore d'acqua

che l'apocalisse non ha dissuaso

dalla sua corsa senza meta

Lì si affacciano i templi

della discordia

come se lo spirito fosse divisibile

da un dio armato

dimentico di sé‚ e d'esser divino

unico e universale

Lì si affaccia il tempio

delle parole dei millenni

bruciate in un istante

che il fumo porterà in altri cieli

dove si leggeranno le pagine fantasma

dell'umanità cancellata

Ora soltanto un cane nero

corre dentro al guscio vuoto

sembra pazzo senza padrone

e senza direzione

corre e corre da nessuna parte

Eppure nella tua siderale lontananza

dal mondo

infranta in tutte le finestre

della tua anima

splendi ancora

Negli occhi degli angeli senz'ali

che non ti hanno lasciato

Negli occhi inquieti che hanno

oltrepassato il confine del dolore

e guardano ora per sempre altrove

Nel sorriso strano

che è forse il nome innominato

della sapienza più antica


 


 

Carrara (1997)

 

Innanzi tutto le montagne ferite

squarciate alla bianca luce

troppo vicine al mare

per evitare cieli di lacrime

ed ire improvvise

Inondando di grazie di marmo

sorrisi pietrificati

l'intero altro mondo

intorno

Scavati volti

incavati silenzi

ricavati doni

a rompicollo

esplosi e strappati

rubati e discesi

per lapidi domestiche

o trionfi imperiali

Alla libertà

di statue senza Stato

i tuoi cavatori

accendevano fuochi rossi e neri

Ora il buio

cala senz'acuti

e senza odor di vino

Solo i cani

ovunque taciturni e assonnati

rimangono a guardare

quel che non si è più visto


 


 


 

Parigi (1999)

 

Sua Grandeur la città fredda

maestoso salotto borghese en plein air

Sottoterra sfrecciano i volti cupi e veri

di chi non ha tempo e voglia di buone maniere

Tricolori luci da ribalta e ostentati ori

maquillage sempre perfetto

con la sola capigliatura di nuvole

perennemente scompigliata

dal vento atlantico

Un congegno cartesiano

dentro il cerchio di fuoco della Banlieau

Bella e antipatica come

la gentilezza snob delle tue dame

La capitale degli specchi

e di Narciso

è viva ancora per grazia ricevuta

degli assalti d’Africa e d’ogni dove

che tingono il grigio argento

di colori e odori

di voci e sapori

Sempre Parigi vanta

onori d’importazione

E con il suo accentar tronco qualsiasi nome

mette tutto e tutti nella sua cassa

Che tutto il meglio è stato e sarà francese


 


 

Torino (2003)

(Dedicato a Edoardo, il figlio suicida di Giovanni Agnelli)


 

Tori no

a Torino

Nemmeno toreri

Città composta

di scudi e stemmi

logge loghi emblemi

Barocco sobrio e militare

di rocce e cime bianche contraltare

Liberty fino

di palato parigino

La maschera dei torinesi

è un sorriso di cioccolato fondente

amaro

da spaccarti il dente

Capitale di un regno piccolo piccolo

come la statura dei suoi regnanti

che lasciarono come eredi

intelligenti motori

dinamo dei cuori

degli ultimi principi sabaudi

Prima fiat dux poi lux

che attirava affamati

e bruciava le loro ali

per poche lire

al Lingotto e a Mirafiori

s’infornavano migranti

extracomunitari degli anni cinquanta

nostalgia di terre avare, di mare

di calore familiare

Operai non più caporali

che volevano fabbricare

per sé e per gli altri

un futuro migliore

A resistere al monopolio industriale

pochi intelligenti autori

artisti poveri e minori

non per estro ma per clamore

Ovunque ancora aleggiano

fantasmi di sogni inespressi

di desideri incompiuti

Già un Salgari precursore

vaneggiava malesie tra le nebbie

febbre solitaria

suicida per harakiri

Tanti santi e laici di morte precoce

nel conformismo pallido

talvolta feroce

dei padri regnanti

verso figli in fuga

troppo deboli per essere ribelli

o semplicemente sopravvivere

da agnelli

Urbe seducente

per l’esercizio geometrico

del passeggio e della mente

cuori congelati dal freddo e

dalla mancanza di coraggio

a ogni tentativo un dazio

ogni fessura scambiata per ferita

strazio

Le maglie bianconere ricordano

sbarre più che zebre

aristocratica claustrofobia

snobismo collinare

Eppure l’iniziale energia

di molteplici invenzioni è sorta

a riva del Po

innaffiata di preziosi distillati

rubino e argento

Utopie ragionate e platoniche conversazioni

hanno smosso la storia

ma non la città dell’automobile

della buona pasticceria

del destino immobile